martedì 26 agosto 2014

Chi è Dafne?

"Io amo Dafne", mi hanno scritto qualche giorno fa. Tra le tante cose belle c'è stata questa. Non potete immaginare quanto mi abbia fatto piacere. Lei è proprio uno di quei personaggi di cui innamorarsi. 
Dafne è una di noi perché non è perfetta. Come tutte le donne di questo mondo ha dei difetti, e sono proprio i suoi difetti che ce la fanno stare simpatica. È bella, strana, intelligente, alta, secchiona, scordinata, particolare, geniale, silenziosa, pensierosa ma soprattutto è un casino, come tutte noi.
Mi è andata a genio sin dall'inizio. Spesso leggo libri con personaggi femminili che non mi fanno impazzire. Ne ho letti due ultimamente in cui il lui era fantastico ma la lei era un po' fastidiosa. La tipica ragazza acqua e sapone timida e carina che finge e stra-finge di essere tale perché alla fine sa sempre cosa dire, è tagliente, è bella, è sexy e tutto il resto. Come ha fatto questa donna a trasformarsi? Come fa ad avere sempre la battuta pronta?
Dafne non ha assolutamente nessuna di queste caratteristiche. Lei non sa mai cosa dire, e quando dice spesso non è la cosa giusta. Allora mugugna. Mugugna e in quei mmm o mm mm dice tutto ciò che la sua mente produce, solo che lo capisce solo lei. E quando non emette suoni fissa la gente, si incanta, magari a bocca aperta, e rimane così, oppure schiaccia i suoi enormi occhiali sulla faccia, arriccia il naso, la bocca. Malgrado ciò è adorabile, e lo è perché è un casino. Non è la classica donna perfetta, e soprattutto non è la classica donna che tiene in pugno gli uomini. 
Dafne è una ragazza di ventotto anni che racconta a se stessa, e a noi, un periodo della sua vita. Uno di quei periodi del cavolo in cui la maggior parte delle cose vanno in modo assurdo e non capisci perché. Ci racconta due mesi della sua vita in tempo di crisi, la crisi che è entrata nelle case di molte famiglie italiane e che ha spazzato via un sacco di sogni. La stessa che ha messo in un angolino quelli di Dafne.  
Lei racconta. Racconta com'è vivere in una casa che ha desiderato e che non può permettersi, racconta com'è fare un lavoro completamente diverso da quello che ha sempre voluto, racconta com'è vivere in Italia a ventotto anni e lo fa in modo simpatico, senza farci pesare tutti i "suoi casini". Tranne uno, il casino più grande, il casino che si chiama Alessio. L'unico uomo che le sia mai piaciuto veramente, l'unico che non vuole baciare. Perchè? Perché ha paura che se ne vada, ha paura di provare sensazioni nuove e profonde e di trovarsi, come sempre, da sola. Perché se nella maggior parte dei libri l'eroina è una che sa sempre cosa dire, è tagliente, è bella, è sexy e tutto il resto, come può lei che non sa mai cosa dire, mugugna, fissa la gente e rimane in silenzio stregare il ragazzo perfetto al punto da essere richiamata il giorno dopo? 

Di Dafne, secondo me, è difficile non innamorarsi (come lettrice/lettore, intendo, perché quello che fa Alessio lo potete scoprire solo leggendo :p ). È difficile non vivere le emozioni che vive lei, non odiare i personaggi che odia lei e diciamocelo... è difficile non prendersi una cotta per Alessio. Perché ha indubbiamente il suo perché, ed è un perché che farebbe impazzire chiunque.

A questo punto non vi rimane che entrare nel mondo di Dafne attraverso Innamorarsi ai tempi della crisi e vedere un po' cosa succede tra lei e il troppo bello, troppo intelligente e troppo simpatico Alessio. 


P.s. - In Dafne, ovviamente, c'è un po' di me, di S. e di Sab, ma c'è anche un po' di tutte le mie meravigliose amiche. In questo post scriptum mi riferisco a F., E. e M. Gli ummeggiamenti (usati in modo non del tutto uguale a quello di Dafne) e le battute come quella del "covone di fieno" (I miei capelli, completamente rigonfiati dalla pettinatura, mi sono scivolati sulle spalle simili ad un covone di fieno) non sono una produzione mia al 100% ma sono il risultato di giornate intere passate a ridacchiare, a bere caffè e a parlare di qualunque cosa. Sono il risultato di menti geniali che riuscirebbero a far ridere anche la persona più seria del mondo. Era giusto che ve ne rendessi merito, "topine mie".


Buona lettura!

M. 

sabato 16 agosto 2014

Mettersi in gioco

Pubblicando un libro ho scelto di mettermi in gioco. Ho scelto di espormi alla berlina per essere letta. Non sto a dirvi quanto ciò sia stato, e sia, difficile. Quando ti pubblica una casa editrice ti senti protetto. Loro fanno una scelta, scelgono te, e se lo fanno un motivo c'è. Quando ti pubblichi da solo, e scegli di farlo senza nemmeno verificare se a loro potresti piacere o no, autorizzi il mondo a metterti alla gogna. Ora, a me il concetto di gogna non è mai piaciuto, nonostante la passione per il Medioevo. Non è bello che tutti possano dire qualunque cosa pensino solo perché non sono nella tua stessa posizione.
Quando ero all'università mi sono messa in gioco ogni giorno. Non avevo nessun tipo di problema perché lì mi sentivo bene. Tra i libri io ero, e sono, felice. Trascorrere le giornate a studiare, intervallando il dovere al piacere con svariati caffè in compagnia delle amiche, mi faceva sentire a mio agio e anche se, a differenza di Dafne, me la facevo sotto prima di un esame, ero sempre felice di mettermi in gioco. Ma quando si tratta di mostrarsi al mondo ho qualche difficoltà. Non sono timida, però la mia pelle chiara diventa rossa con facilità perché mi imbarazzo con niente, quindi cose come ballare, cantare o parlare in pubblico mi riescono molto difficili. 

Qualche giorno fa, per esempio, sono andata al solito bar. Vado in quel bar da due anni e conosco praticamente tutti i baristi, quindi la fase di "oh santa madre potrei fare una figuraccia e giocarmi per sempre la possibilità di essere considerata normale" dovrebbe essere stata superata. E invece no. Consegno al ragazzo 50 centesimi invece che 1 euro. Lui ride e dice "Che ci devo fare con 50 centesimi?"
"Davvero ti ho dato 50?", replico gettando le mani nella borsa e iniziando a frugare come se fossi in spiaggia e muovessi la sabbia a forza di bracciate per raggiungere l'acqua. Testa bassa, ovviamente. Sia mai che mi veda diventare rossa. Il borsello era stato inglobato dalle altre mille cose, tutte utili ma in quel momento diventate inutili, ed era sprofondato in un pozzo. 
"M., va bene così, dai!" prosegue sorridendo. Lo sento ma non lo vedo.
"No, ehm, aspetta, io..." dico rovistando nel buco nero. A quel punto lui continua a tranquillizzarmi e io, finalmente tornata del mio color rosa maialino, alzo la faccia e sorrido. Per circa 4/5 secondi ho avuto paura di alzare la testa perché ero diventata rossa, e lo ero diventata per una bazzecola. 
Insomma, io mi vergogno per molte cose. Faccio tutto, chiaramente, é difficile che mi tiri indietro, però non vedo l'ora che sia finita.
Adesso ho fatto questa cosa, ho pubblicato un libro e ho paura che finisca presto anche se sono terrorizzata dall'opinione che potrebbe avere la gente. Mi sono messa in gioco e mi chiedo continuamente perché l'ho fatto. Perché l'ho fatto davvero, e l'ho fatto da sola. Certo, insieme a me hanno lavorato S., Sab. e Si., ma sono io che mi sono messa in gioco, che mi sono esposta alla gogna e che ho accettato la mia condizione.
Accettato... forse no. In questo preciso momento è come se avessi una piccola S. sopra la spalla che mi chiede: sei sicura di averla accettata? Forse no, devo ammetterlo (e ripeterlo).
Ok, no, non l'ho affatto accettata S. Me la faccio sotto minuto dopo minuto e divento rossa pure quando sono da sola all'idea che tutti possono leggermi e che non ho ancora capito in quanti l'hanno fatto davvero. Ma ormai è andata, e ci sono talmente tanto dentro che ho addirittura fatto una pagina facebook (come vorrei la faccina che spalanca gli occhi stupita/spaventata/imbarazzata!). La trovate qui: Innamorarsi ai tempi della crisi - fanpage

P.s.- Nella foto, lo screenshot fatto questa mattina... posizione n. 33 dei bestsellers nella sezione "romanzi rosa" su Amazon! Adesso sono alla n. 40! *_*

 M.

venerdì 15 agosto 2014

Mmm

Mmm. Dopo quindici secondi trascorsi a decidere come iniziare questo post ho preso spunto da Dafne e ho mugugnato.

Stasera vi parlerò di... innanzitutto di me. Leggendo questo blog mi rendo conto di quanto poco mi stia sbottonando. Non tanto perché ho scelto di usare uno pseudonimo, decisione dovuta a questioni lavorative, quanto perché sembro un po' un'altra persona. Sto cercando di contenermi, di raccontare senza riversarvi addosso tutta la mia agitazione. Se fosse per me, e per la mancanza di diritti d'autore, riempirei i miei post di faccine. Emoticon gigantesche che riproducono le mie espressioni. Non sto dicendo che sono un cartone animato, ma che sono particolarmente espressiva e sorridente. In questo blog sembro molto più giù di tono rispetto alla vera M. Devo chiedere scusa a me stessa e anche a voi, perché lascio filtrare solo quella più seria e composta. Cercherò di condividere anche il resto senza vomitarvi addosso troppe faccine, urletti e assurdità simili.

Altra cosa che vorrei dirvi è... che gestire un blog è difficilissimo! Ragionandoci su mi sono lasciata turbare dal fatto che le foto che avevo messo nel post precedente non erano le mie, e che quindi qualcuno avrebbe potuto farmi una bella lavata di capo, o magari solo tirarmi per le orecchie, perché ero stata così irrispettosa da inserire delle meravigliose immagini come cornice alle mie parole. Sigh, sob...  Le ho tolte, ma adesso appare tutto molto vuoto, noioso, serio. Quasi fastidioso. Meno male che ho scelto il colore arancione.

Il libro pare molto apprezzato. Molto. Sembra interessare. La gente ne parla bene.
Oddiooooooo! Innamorarsi ai tempi della crisi... piace! Piace ad un sacco di persone e non so come fare ad esprimere tutta la mia felicità in un post! Ieri ho letto le recensioni su Amazon, ho visto in che posizione sono salita e pur non capendo "una mazza" di come funziona la classifica, ho iniziato a saltellare. D. ha fatto un sorriso a mille denti (sto esagerando. Ha una dentatura normalissima ^_^) e ha condiviso la mia gioia lasciandomi ondeggiare la testa al suono di una musichetta che era solo nelle mie orecchie.

Il libro è anche stato segnalato in questo blog molto carino che vi consiglio di leggere: Un buon libro non finisce mai

Che altro dirvi? Vorrei mettere delle foto per rendere tutto più simpatico, vorrei inserire delle emoticon per farvi almeno intuire le mie espressioni facciali, vorrei ringraziare tutti quelli che hanno comprato e letto Innamorarsi ai tempi della crisi ma non lo farò.
Ok, l'ultima cosa la faccio. Grazie, grazie, grazie! :)

Vi ricordo che potete trovare il mio libro anche su altri siti tra cui Ultima Books!

M.


venerdì 8 agosto 2014

Veranda

La vita di una quindicenne è abbastanza complicata. Ti svegli la mattina e pensi che vuoi essere grande. Vuoi smettere di andare a scuola perché non ne puoi più dei compiti in classe, delle interrogazioni, della secchiona di turno che non ti passa il compito, della bulletta che ti prende in giro. Vedi le venticinquenni e sei sicura che loro sono felici. Non hanno compiti, interrogazioni, bullette che le infastidiscono.
A venticinque anni sei davvero felice. Hai finito l'università, o forse la stai facendo, sei abbastanza indifferente agli elementi di disturbo quali secchioni e malefici personaggi perché ti autogestisci in totale tranquillità.
A trenta inizi già a immaginare come sarebbe essere in pensione. Non vuoi avere 65 anni ma vuoi i privilegi di chi ha sessantacinque anni. Bada bene, i privilegi. In pratica, vuoi stare a casa a fare quello che ti va di fare. Ti vedi in una fantastica veranda curatissima piena di fiori, con un arredamento provenzale e una finestra che si affaccia su una splendida campagna toscana. Ti vedi mentre passeggi nel tuo frutteto personale (mi ero dimenticata di dire che immagini anche di essere ricca), mentre leggi un bel libro a bordo piscina, mentre scrivi sul tuo laptop immersa negli odori della natura. Hai una casa meravigliosa, pulita e ordinata e un sacco di tempo libero per fare ciò che ami.

L'aria è fresca, è una brezza leggera che assomiglia a una carezza. Profuma di buono, di primavera inoltrata e porta con sé sapori vicini e lontani dei quali non sei sicura di poter riconoscere l'origine. La finestra è aperta e tu sei appoggiata sullo stipite e chiudi gli occhi affinché il tuo corpo possa trattenere la sensazione di gioia che ti dà quel momento. Senti i capelli sollevarsi spinti dal vento, li senti fondersi con il respiro della terra e inclini lievemente la testa per farli entrare ancora di più dentro di te. Poi squilla il telefono.

Squilla il telefono perché hai trent'anni e devi rispondere ad una telefonata di lavoro/parlare con un'amica per organizzare una festa a sorpresa/trattenerti dal mandare a quel paese altri trentenni che per sopravvivere cercano di venderti un nuovo contratto telefonico. Insomma, la magia finisce e in quel momento tu concretizzi che non hai nessuna capacità manuale con le piante e quindi il tuo frutteto e la tua veranda sarebbero vuoti e malconci. Non sarebbero nemmeno così puliti, perché come "donnina di casa" non te la cavi così bene. Alla fin fine, faresti le stesse cose che fai adesso nel tuo tempo libero senza essere ricca. Sì, hai trovato la parola chiave. Tempo libero. Non sono così tante le persone che sanno sfruttare al massimo il proprio tempo libero ma quelle che lo fanno probabilmente non hanno mai immaginato di essere diverse da come sono adesso. Trovano il modo di far tutto pur lavorando, pur pulendo, pur cucinando, pur non essendo ricche. A te piacciono un sacco le persone così. Danno l'impressione di essere serene, organizzate. In pace con il mondo.
Provi ad immaginarti anche tu in pace con il mondo e lo fai cercando su internet come sarebbe avere una veranda in stile provenzale. Mentre la cerchi scopri lo stile shabby e trascorri minuti interi a sognare di avere quei mobili, quella veranda, quei colori. Così facendo ti giochi tutto il tuo tempo libero e finisci per trovarti di nuovo con i tempi stretti e il desiderio di essere in pensione (con una veranda che adesso non sai più in che stile dovrebbe essere). 
D'accordo, la vita di una quindicenne è abbastanza complicata. Ma anche quella di una trentenne non è così semplice. Decidere se sognare una veranda provenzale decapè o shabby richiede tempo, quel tempo che ti scorre tra le dita e che ti costringerà a pulire il bagno in mezz'ora. Ma tu sei lenta e in mezz'ora non ce la farai mai, quindi dovrai accorciare i tempi per scrivere, stendere il bucato, leggere, lavorare e mangiare. Mangiare? 
Ti dimentichi pure di pranzare.
No, senza dubbio la vita di una trentenne è complessa quanto quella di una quindicenne.

M.

martedì 5 agosto 2014

Foglietto illustrativo

Quando ho scritto questo libro ho pensato che la legenda, la copertina e il titolo già da soli raccontassero che tipo di storia è Innamorarsi ai tempi della crisi
Se nella copertina vedi due figurine che si baciano con i cuoricini intorno, probabilmente sarà una storia allegra e leggera. Se nel titolo vedi le parole "innamorarsi" e "crisi", sicuramente sarà ambientata nella nostra complicata società che parla una lingua viva, in continuo mutamento, che varia da regione a regione, da città a città. Se nella legenda leggi che è una "storia senza pretese, se non quella di riuscire a far trascorrere del tempo con un sorriso e un po' di curiosità", è perché non vuole essere altro che questo. 
Per aiutarvi ancora un po', ho buttato giù una specie di "foglietto illustrativo". Come sempre, buona lettura! :)

1. La legenda. Perché una legenda? Perché chi si aspetta una storia struggente e piena di poesia, o comunque una storia raccontata come tutte le altre, dalla legenda capirà che non è il libro giusto per lui/lei. Quella che ho scritto vuole essere una storia possibile, raccontata in modo veritiero, che acquisisce carattere perché è ricca di modi di dire, parolacce, nomignoli, espressioni della lingua vera, parlata, vissuta. La legenda dice, in poche parole, tutto ciò che il lettore incontrerà nel testo.
Se non basta come risposta, aggiungo che volevo iniziare in modo diverso. Dai, chi si aspetta una legenda in un libro così?

2. Le scelte linguistiche (i verbi). Ci sono libri e libri. Innamorarsi ai tempi della crisi è una storia da passato prossimo. Non perché io non ami il passato remoto. Tutte le altre cose che ho scritto nella vita (essendo per lo più fantasy) sono al passato remoto. Tra l'altro, sono toscana, e per me il passato remoto è familiare quanto "bellino" al posto di "carino" o "ganzo" al posto di "figo". Amo il passato remoto, ma per Dafne e i suoi amici il passato prossimo è perfetto. Sia perché ci sono riferimenti anche al presente, e creare troppo distacco temporale non avrebbe avuto molto senso ai fini della narrazione, sia perché è qualcosa di vicino, che non è finito. Il passato remoto è concluso, l'avventura di Dafne assolutamente no.

3. Le scelte linguistiche (il resto). Non so i vostri amici, ma i miei di parolacce ne dicono tante. La storia che ho scritto è piena di dialoghi e messaggi di ragazzi che vivono nel 2013, in Italia.
Io e le persone che conosco usiamo nomignoli, modi dire e spesso diamo vita a neologismi che ci portiamo dietro per mesi e che capiamo solo noi (ho preferito evitarli perché Dafne con i suoi "mm mm" e "mmm" aveva già fatto molto in questo senso, tanto che negli ultimi giorni i messaggi da e per i miei amici sono pieni, per l'appunto, di "mmm" e "mm mm"). Perché non avrebbero dovuto farlo Dafne, Alessio, Nicola, Flavio ed Elena?
Se leggo un romanzo storico, mi aspetto di trovare un passato remoto e un linguaggio vagamente aulico. Se leggo un fantasy medievale, mi aspetto ancora una volta un passato remoto e un linguaggio molto romanzesco. Se leggo una storia d'amore ironica che racconta di ragazzi sui trent'anni, mi aspetto la lingua viva. Mi aspetto l'italiano neostandard, con tutto ciò che si porta dietro. Mi aspetto, addirittura, qualche connotazione regionale (non voglio dire che debba esserci, ma solo che se ci fosse non mi stupirei troppo).

4. Di storie come questa ne esistono a bizzeffe. Ed è meraviglioso, perché vuol dire che nonostante tutto c'è un sacco di amore nel mondo e c'è un sacco di gente che ha voglia di leggerlo. Un amore fresco, divertente, reale. Innamorarsi ai tempi della crisi è una di quelle storie leggere, ironiche e simpatiche. La storia di Dafne prova a differenziarsi un po' perché oltre a presentare un personaggio femminile atipico, usa un linguaggio assolutamente "colloquiale, familiare, a tratti volgare", usa delle liste per semplificare ciò che Dafne pensa e racconta attraverso i messaggi.

Il mio libro non voleva essere altro che questo. E se devo essere sincera, va bene così. Ciò non significa che non ci siano cose che non funzionano. Significa solo che senza legenda, senza liste, nomignoli, parolacce e passato prossimo, non sarebbe stato così. Non sarebbe stata la storia che volevo raccontare. Io spero tanto che la amiate quanto me, e quanto tutte le deliziose persone che in questi giorni mi stanno scrivendo per dirmi quanto gli è piaciuto.

Per concludere. Leggete bene la legenda, riflettete attentamente sul titolo e osservate la copertina. C'è "scritto" tutto ciò che dovete sapere.

M.


sabato 2 agosto 2014

Cosa mi è passato per la mente?

Sebbene sia sabato mi sono svegliata alle 6.50. Quando è suonata la sveglia di D. alle 7, ho iniziato a rotolarmi nel letto. Prima sono scivolata dalla sua parte, poi sono tornata dalla mia. Mi sono messa in orizzontale e ho guardato il soffitto, sono tornata in verticale e ho posizionato la testa in fondo al letto. Mi sono voltata verso la finestra, dopo verso lo specchio (sono un po' vanitosa e sì, lo sono anche di prima mattina) e infine verso la porta. Alle 7.34 ho deciso di alzarmi perché la mia mente non riusciva a pensare ad altro. Il blog.
Dopo il libro, sul quale rifletto per la maggior parte della mia giornata non-lavorativa e non-affettiva (pause di vario genere, spostamenti, momenti in cui si dovrebbe dormire), adesso ci si è messo pure il blog. Ma quanto mi piace averne uno! Non so cosa scriverci, non so come farlo, non so se qualcuno lo leggerà mai e soprattutto non ho idea di come far sapere alla gente che ne ho uno. Sono ancora nella fase in cui se lo cerco su Google non lo trovo. Non ci sono. Cavolo. 

La verità è che sono una delle tante, tantissime persone che scrive un blog. E sono anche una delle tante, tantissime persone che ha scritto un libro. E l'Italia è uno di quei paesi che ha più scrittori che lettori. Cosa mi è passato per la mente?
Niente. Non ci ho proprio pensato. Io senza leggere e scrivere, semplicemente, non ci so stare. È una necessità, un bisogno. Ho capito quanto fosse importante leggere a dodici anni, quanto lo fosse scrivere a diciassette. Leggevo la notte, leggevo nei break a scuola (forse era questo uno dei motivi per cui non ero 'sto gran fenomeno), leggevo al mare, leggevo quando ero con le amiche, quando guardavo la televisione. Leggevo tragedie greche, romanzi rosa, thriller, grandi classici, narrativa contemporanea, romanzi storici. Tutto questo già a quindici anni. 
Anche a scrivere ho iniziato a dodici anni, ma era un gioco. Non significava così tanto. La cosa fondamentale era leggere, il resto non contava. Ma ad un certo punto, quando la mia vita ha preso una piega sbagliata, anche scrivere è diventato qualcosa di imprescindibile. A diciassette anni non uscivo di casa senza il mio quaderno. Non era più il quadernino rosa, a fiori, che mettevo nella borsa e che facevo uscir fuori nei momenti liberi solo per dar sfogo alla mia inventiva. Era un quaderno brutto, grigio e piccolo, dalle pagine già ingiallite, che stringevo al petto e che aveva la penna inserita per essere usato al momento del bisogno. E il momento del bisogno era quasi perenne. Non potevo non farlo. Scrivere era diventata l'ancora di salvezza, era quella cosa che mi tirava fuori dal casino in cui ero finita. Era il modo migliore per affrontare il mostro adolescenziale con cui avevo fatto amicizia.
Insomma, scrivere e leggere erano parte di me. Non c'era altro da dire. Ci sono cresciuta.
Ed è inutile che mi chieda cosa mi è passato per la mente. Scrivere un libro quando così tanti lo fanno, tenere un blog quando ne è pieno il mondo. 
Leggere e scrivere sono parte di me. Non c'è altro da dire. 
Appurato ciò, devo capire come far funzionare questo blog e come far leggere il mio libro. 
Lo farò tra dieci minuti. Adesso devo fare colazione.

M.

venerdì 1 agosto 2014

Comincia così la mia avventura

Non credo di saper gestire un blog. Se devo essere sincera, non credo di saper fare un sacco di cose. Ciononostante, scrivo. Scrivo un sacco. Scrivo storie, libri, pagine senza alcun senso, racconti. Scrivo tutto quello che mi passa per la mente, e quando non lo faccio fisicamente, quando non ho una tastiera davanti o una penna in mano, lo faccio nella testa. E vengono fuori cose incredibili.
Ho scritto tanto, ho provato a farmi pubblicare, ma non ha funzionato. Così, quando è nata una storia senza nessuna pretesa se non quella di far sorridere e sognare appena un po', ho deciso che l'avrei pubblicata. E che l'avrei fatto da sola. Questa volta non sarei passata da nessuna casa editrice perché probabilmente nessuna mi avrebbe considerata. La scelta è dovuta anche al fatto che è davvero una storia leggera che non vuole ottenere niente. Vuole solo essere letta. Ma per essere letta, nel mondo sconfinato del web, altro non posso fare che aiutarla con un blog. Anche se probabilmente non saprò gestirlo.
Ecco, comincia così la mia avventura.
Qui sotto trovate la copertina del mio libro e il link dove potete comprarlo.

P.s.- non ho idea di come funzioni un blog. Ci tenevo a dirvelo! ;) 

M.

Innamorarsi ai tempi della crisi