venerdì 24 aprile 2015

I fattori "no" di un libro

Succede. Succede che un libro non ti prenda per niente, o che ti prenda ma si dilunghi troppo, o che ti prenda ma si concretizzi in modo diverso da come te lo aspetti. Succede, si sa.


Ho appena finito di leggere una storia che non mi ha dato molta soddisfazione. Non per la storia in sé, ma perché mi sono costretta ad arrivare fino alla fine, mi sono costretta a leggerla, a non saltare le pagine, a non chiuderla per rivolgermi ad altro. Succede, ogni tanto. Quando mi succede, se dopo due settimane non ho ancora finito, significa che ho bisogno di novità, così ne comincio uno nuovo, e se non è abbastanza travolgente ne prendo anche un altro fino a quando mi ritrovo con tre o quattro libri in lettura che vanno tutti di pari passo. 
Per me, che leggo un paio di libri a settimana, quindici giorni con lo stesso testo tra le mani sono un'esagerazione. È il momento in cui realizzo che è il caso di entrare dentro un'altra trama ma, come già detto, blocco il flusso.
Voi che fate in questi casi? Se un libro non vi piace, se non vi prende abbastanza, lo mettete via o, capoccioni come me, vi ostinate a finirlo?

Il testo con cui ho guerreggiato in questo periodo era un urban fantasy, genere che gradisco molto, ma aveva una serie di caratteristiche che hanno reso lenta la mia lettura. Vi faccio presente che le caratteristiche in questione erano presenti anche nel mio primo romanzo, anch'esso un urban fantasy. L'ho riletto dopo anni e sono rimasta turbata dagli attributi che lo componevano e che, oggi, non sono affatto da me.
Tanto per cominciare, io ho problemi con i libri troppo lunghi che sono inutilmente lunghi. Ci sono storie in cui la quantità di pagine è necessaria per lo sviluppo dell'intrigo, in cui ciò che viene raccontato è relativo ai personaggi, allo svolgimento dei fatti, in cui la quantità di persone al suo interno è funzionale alla trama. Ma quando su 500 pagine 300 potrebbero tranquillamente essere tagliate perché non aggiungono niente, le cose cambiano. Di questo mi accorgo quando arrivo intorno alle cento pagine e manca ancora tanto, troppo, per finire la storia. La situazione, a quel punto, inizia a prendere una brutta piega.
Altro problema è la finzione dei dialoghi. Rendere il parlato reale nello scritto è molto complesso. Se la storia è ambientata nel passato si deve fare attenzione alle espressioni e alle modalità comunicative di quel passato. Se la storia è ambientata ai giorni nostri, si deve fare attenzione a come davvero comunichiamo oggi. Vada per le parolacce - ne usiamo così tante che leggere un romanzo in cui non ci sono mi stupisce - vada per le battute, vada per le frasi sospese, per le anafore e le catafore, per le connotazioni regionali, vada per il dialogo supermegarealistico. Supermega, veramente. Ma quando i dialoghi sono costruiti a tavolino, dialoghi che mai e poi mai sentirei fuori, mi blocco e li rileggo due o tre volte, poi mi blocco ancora. Non è facile, lo so, io per prima mi chiedo quanto sia veritiero quello che dicono i miei "attori" e leggo le battute a voce alta per vedere se funzionano o meno. E può succedere che in un libro di 500 pagine alcune frasi non rispecchino il vero, ma non tutte. Se nessuna lo fa, faccio fatica a entrare dentro la storia. 


Il sesso, la brutalità. E questo è ancora più personale, non ha niente a che vedere con le caratteristiche che un buon libro, sempre secondo me, dovrebbe avere. Sono una romanticona, lo sappiamo bene, una che cammina accompagnata da farfalline svolazzanti e cuoricini scalpitanti, una che vede l'amore ovunque. Il problema è mio se la storia è cruda, non della storia stessa. Però, però, lasciatemelo dire. Se i due personaggi si innamorano, si innamorano. Possono essere degli esseri orribili, possono essere crudeli, assassini, pervertiti, ma si innamorano comunque. Non si trattano come se fossero due sconosciuti che fanno sesso di quando in quando. Si sbattono contro un muro e ci danno dentro? Perfetto, ma alla fine, almeno alla fine, vorrai fargli pensare (non dire eh, sia mai!) ma almeno pensare una cosa dolce? Magari solo meno oscena delle altre. 

Ecco. Queste sono le motivazioni che hanno reso la mia lettura complessa. Non vi dirò qual è il libro in questione perché tutto sommato è un buon libro, ed è questo il motivo per cui anche se alcuni testi non mi convincono vado avanti. Ogni storia ha qualcosa di favoloso da raccontare, compresa questa. Sono sicura che se la leggesse qualcuno di voi la troverebbe meravigliosa. 

Come vi ho accennato, le stesse caratteristiche erano presenti nel mio primo romanzo. Non so come sia potuto cambiare così tanto il mio stile, negli anni, eppure è successo. Forse dipende dal fatto che oggi scrivo ciò che mi piace leggere, dunque ho eliminato tutto ciò che non gradisco. Ha senso. Con il senno di poi mi sono accorta che quella storia era sovraccarica di gorgheggi inutili e di infiocchettature di nessuna efficacia. I personaggi si scontravano spesso e in modo alquanto fastidioso e la lunghezza era spaventosa. Capite bene che, una volta appurato quanto non mi calzi bene questo stile, leggere qualcosa con le stesse caratteristiche non mi entusiasma molto.

E per voi, quali sono i fattori "no" in un libro? 

M., farfalline svolazzanti e cuoricini scalpitanti

venerdì 17 aprile 2015

Che faccio nel frattempo?

C'è aria di primavera nell'aria. La rinite degli allergici lo sa bene. La mia le è abbastanza indifferente perché mentre tutti starnutiscono e consumano miliardi di fazzoletti, in questo periodo dell'anno io me la godo e aspetto il mio turno, e cioè intorno a giugno, quando tutti se la passeranno bene. Quello è il momento in cui il mio corpo si rende conto che nell'aria c'è qualcosa che lo turba e che lo turberà fino a settembre, circa. 
Ma che io starnutisca o meno, che il mio naso coli o no e che i miei occhi si chiudano a fessura o che rimangano aperti, c'è aria di primavera. La trovo una stagione adorabile, quando si vede. Negli ultimi anni fa la preziosa e non ci degna molto della sua attenzione ma quando la si intravede regala grandi cose. Qui in Toscana le colline sono uno spettacolo. Dopo l'inverno e il grigiore che lo accompaga questa valanga di colori che decora il paesaggio è una magia. Viene voglia di piazzarsi da qualche parte e di trascorrere l'intera giornata a guardare i contrasti di luce che creano i fiori, l'erba, gli alberi. Sempre che non si tratti di soggetti allergici, ovviamente. In quel caso penso che non ci sarebbe niente di magico. O forse sì, le microspore incantate comunemente chiamate pollini.

L'aria di primavera c'è nonostante la pioggia e le nuvole oggi oscurino la luce, nonostante le difficoltà delle ultime settimane. Devo ricordarmene.

Venendo a noi. 
Qualcuno potrebbe essersi chiesto cosa sto facendo. Forse no, forse il sapere se ho le mani in pasta da qualche parte non lo tange minimamente.
Se vi interessasse, se vi foste posti il problema, bene, sappiate che scrivo. Scrivo tantissimo. Mi barcameno tra diverse storie (che follia!) e mi diverto tanto. 
Sto sempre dietro alla trilogia di cui vi ho parlato tempo fa (fantascienza distopica), una storia che mi piace in modo esponenziale con personaggi che adoro. Potrebbe anche essere che il giorno in cui la leggerete vi farà orrore ma io impazzisco mentre la butto giù. Sono pazza della protagonista, sono pazza del coprotagonista e sono pazza di tutti quelli che gli girano intorno. 
Insieme a quello scrivo altre cose tra cui un romance divertente e sbarazzino al punto giusto. Spero. 
Insomma, faccio qualcosa. Non me ne sto con le mani in mano a parlare di Dafne come se fosse il personaggio più riuscito della storia della letteratura (ahahahahah! Ah.) e ad aspettare che il mondo se ne renda conto. Mi ritengo abbastanza umile e intelligente (mmm. Mmm? Ahahahah.) per riconoscere che è una storiellina come tante, forse anche meno delle tante, e che è stato bello fino a quando è durato. Non credevo di vivere grazie a lei e ad Alessio (non parlo di economia, chiaramente).
Oddio, oggi è la giornata delle parentesi. Me ne prestate qualcuna? 
Ci tenevo semplicemente a dire che oltre a scribacchiare fesserie nel blog e a tediare le vostre giornate, soprattutto i vostri venerdì, visto che ho scelto tale giorno per sputacchiare ebetaggini nel web, sto scrivendo tante cosine. Prima o poi ne leggerete qualcuna ma non sono nella posizione di dirvi quando. 

Ciò detto... abbiate pazienza. Sopportatemi mentre vi racconto del tutto e del niente e continuate a seguirmi come state facendo. Quando controllo le visualizzazioni e vedo che ci siete c'è qualcosa che fa capolino nel mio stomaco e non è il reflusso esofageo. Credo che sia gioia. E in settimane come queste è un vero piacere. :)

M. 

venerdì 10 aprile 2015

"Postare" di venerdì

Avviso: questo post è stato scritto un paio di settimane fa e vi rimanda a qualcosa scritto qualche giorno prima. Niente di troppo lineare, dunque.

Miei cari emmelettori,
Vi riporto ciò che ho scritto mercoledì sera intorno alle 21.20, con il solito sonno preprimaverile che mi accompagna e il desiderio di prendere una pausa dal libro che stavo leggendo e che, sebbene non fosse male, non mi stava prendendo per niente.
Pur avendo provato, come tutte le settimane, a incastrare gli impegni di modo che potessimo uscire la stessa sera e coccolarci per il resto della settimana, D. è fuori stasera e io lo ero lunedì (giorno strano per uscire, nevvero?). Ho appena finito di mangiare e con gli occhiali frittellosi mi appropinquo a scrivere un post. Chissà quanto mi immaginate affascinante, tipo: pigiama, superpile per proteggermi dal freddo, occhiali sporchissimi, capelli arruffati? Ah, siete fuori strada. A parte gli occhiali per il resto sono presentabile e non mi sono ancora struccata.
Ma perché mi perdo in queste amenità?
Scrivo questo post per parlarvi:
1. del fatto che ho scelto il giorno in cui postare le mie chiacchiere;
2. di quanto sia povera di contenuti bloggeschi.
1. Ho notato, e letto, che i blogger scelgono un giorno in cui pubblicare i propri post. Molti riescono a farlo più di una volta a settimana, io ho deciso di farlo una e basta. Potrei anche provare, e magari riuscire, a produrne di più ma non ne sono sicura e non voglio illudermi né stressarmi se non ce la faccio. Venerdì è il mio giorno. Mi piace perché è l'ultimo della settimana lavorativa, quello in cui riesco a ritagliarmi più tempo e che mi dà la possibilità di rileggere le stupidate che scrivo durante gli altri giorni. Inoltre mi sollazza il fatto che il giorno dopo ci sia il week end e che sarò abbastanza libera per pensare a ciò che ho scritto. 
Vi piace come giorno?

2. I blog dovrebbero presentare dei contenuti. Dovrebbero dare delle informazioni, differenziarsi dagli altri per ciò che offrono. Il mio non serve a niente. Ciononostante mi seguite, e io vi emmo. Come posso dirvi quanto vi emmo?
Non so se mi sono bloccata a causa del sonno o perché ho improvvisamente deciso di rimettermi a leggere. Forse ero solo stufa di stare davanti al computer, o magari era arrivato il momento di pulire gli occhiali perché mi impedivano di andare oltre. 
Pensandoci oggi, a mente meno assonnata e a stomaco vuoto, non ci sarebbe stato molto da aggiungere. Sono contenta di aver scelto un giorno per condividere con voi le tante idee e parole che mi solleticano le mani per la troppa voglia di riversarsi sul mondo e sono stracontenta di avere un seguito, i miei deliziosi emmelettori. *_*
A proposito dei contenuti... non c'è molto da dire. Nel mio blog parlo:
- dei piccoli disastri che combino;
- delle mie paturnie libresche;
- dei miei libri;
- dei libri che leggo e che mi fanno impazzire;
- di me stessa;
- di idiozie,
in ordine sparso e casuale. 

Vorreste che cambiassi qualcosa? Io no, ma d'altronde siete voi i miei lettori, quindi se avete delle proposte, vi ascolto. 


Tornando a oggi, colgo l'occasione per farvi sapere che il blog Un buon libro non finisce mai ha organizzato La settimana dell'esordiente, dal 13 al 17 aprile. Io un giretto ce lo farei, anche perché da qualche parte ci dovrei essere anch'io. ;) Mettendo da parte per qualche istante il mio ego, invito tutti coloro che come me sono alle prime pubblicazioni a non perderselo perché il programma sembra molto interessante. 

Per finire: trovo sorprendente la capacità della lingua italiana di prendere in prestito parole dall'inglese dandogli una precisa collocazione. Pensate al verbo "postare". Abbiamo preso il sostantivo "post" e lo abbiamo regolarizzato ponendolo tra i verbi della prima coniugazione in -ARE. "Linkare", "Taggare". Facebook ha creato una nuova lingua. Assolutamente sorprendente, non trovate anche voi? 

Emmosità,
M.

venerdì 3 aprile 2015

Chiara Gamberale

Tralascerò tutti i dettagli su questa settimana e balzerò direttamente all'argomento che intendo trattare. Niente male come attacco, vero?

Tutti conoscerete Chiara Gamberale. No? Allora questo post è perfetto per voi.
Ho scoperto questa scrittrice due anni fa, per caso. Sab. (per chi si fosse collegato di recente: Sab è una carissima amica, nonché prima o seconda - non mi ricordo quale delle due lo ha letto per prima - lettrice di Innamorarsi ai tempi della crisi) ogni tanto carica una busta con libri e libri della sua libreria-senza-fine più simile a un-pozzo-di-carta-e-inchiostro e mi rende felice prestandomi qualcuno dei suoi volumi. Grazie a lei ho conosciuto scrittori come Federica Bosco, Massimo Gramellini, Kerstin Gier e Chiara Gamberale. 
Tra tutte le cose che leggo la narrativa contemporanea non è tra le mie preferite. Non sto certo dicendo che non la apprezzo e che non mi crogiolo volentieri in tale italianità. Sto solo bofonchiando che quando vado in libreria la mia mente e il mio corpo sono irrimediabilmente attratti dal reparto fantasy e fantascienza. Se proprio riesco a muovermi in altre direzioni mi infilo nel corridoio dei classici e degli storici. I romantici, che vorrei leggere con più frequenza, e tutto il resto, non li contemplo proprio. Che pessima lettrice.
Per fortuna Sab. rimedia, in molti casi, alle mie mancanze. Negli altri ci pensa Amazon con le sue offerte. E nei restanti le blogger che rencensiscono libri. 
Detto ciò, torno a lei. Il primo libro che mi è capitato sotto mano è stato L'amore quando c'era.
Uno dei casi della vita, un momento triste, diventa l'occasione forse a lungo cercata per ricucire un filo che si era spezzato: Amanda, che ha amato perdutamente Tommaso e lo ha lasciato senza spiegazioni da dodici anni, scrive una mail di condoglianze che è anche un messaggio nella bottiglia: come stai, dove sei, chi sei diventato? E, soprattutto: l'hai trovata, tu, mio antico grande amore, la Ricetta per la Felicità? Tommaso risponde, prima cauto, poi incapace di resistere alla voce di un passato bruciante. È sposato, ha due splendidi bimbi e un equilibrio che pare felicità. Amanda no, lei vive sola e alla perpetua ricerca di una compiutezza senza rimpianti. Forse solo l'antico amore, oggi ritrovato, può offrire la chiave della gioia senza compromessi. O, invece, sono i compromessi la sola chiave della gioia possibile?
Soave e tagliente, Chiara Gamberale suggerisce una risposta alla domanda più difficile del mondo: di cosa parliamo quando parliamo d'amore?
Non credevo che mi avrebbe colpita al punto di volerlo leggere due volte nel giro di breve, eppure è così che è andata. Mi piace il modo in cui racconta i fatti, in cui parla di tutto e niente, in cui fa emergere i sentimenti. Anche se la protagonista non ha fatto breccia nel mio cuoricino caramelloso, l'ho trovato un bel libro. Interessante lo stile, intrigante il sistema di comunicazione che usano i due protagonisti, vivaci le espressioni idiomatiche che saltano fuori come funghi dopo una piovosa giornata autunnale. L'ho letto un anno fa, circa, quindi non riesco a essere più precisa.

Ho così deciso di affrontare anche Per dieci minuti e... l'ho divorato. Bella la storia, bella la modalità in cui ci viene narrata, bella la collocazione spaziale (seppur nella "banalità" di un'enorme città). Ho adorato la protagonista principale, il suo essere inadeguata per qualcuno e totalmente adeguata per me. Ho adorato il suo modo di vivere il dolore, di cercare di tirarsi fuori dalla mancanza, di affrontare la vita, le piccole e le grandi cose. Ho adorato i continui riferimenti tra lei e l'autrice e il suo passato difficile.

Dieci minuti al giorno. Tutti i giorni. Per un mese. Dieci minuti per fare una cosa nuova, mai fatta prima. Dieci minuti fuori dai soliti schemi. Per smettere di avere paura. E tornare a vivere. Tutto quello con cui Chiara era abituata a identificare la sua vita non esiste più. Perché, a volte, capita. Capita che il tuo compagno di sempre ti abbandoni. Che tu debba lasciare la casa in cui sei cresciuto. Che il tuo lavoro venga affidato a un altro. Che cosa si fa, allora? Rudolf Steiner non ha dubbi: si gioca. Chiara non ha niente da perdere, e ci prova. Per un mese intero, ogni giorno, per almeno dieci minuti, decide di fare una cosa nuova, mai fatta prima. Lei che è incapace anche solo di avvicinarsi ai fornelli, cucina dei pancake, cammina di spalle per la città, balla l'hip-hop, ascolta i problemi di sua madre, consegna il cellulare a uno sconosciuto. Di dieci minuti in dieci minuti, arriva così ad accogliere realtà che non avrebbe mai immaginato e che la porteranno a scelte sorprendenti. Da cui ricominciare. Con la profonda originalità che la contraddistingue, Chiara Gamberale racconta quanto il cambiamento sia spaventoso, ma necessario. E dimostra come, un minuto per volta, sia possibile tornare a vivere.
Belli i personaggi di contorno, i coprotagonisti. Il suo modo di scrivere mi conquista, il suo modo di raccontare i sentimenti, quasi come se fossero statici, come se non cambiasse niente se si sta bene o si sta male, se si ama o si odia, se si pensa o si mangia, mi intrappola. L'idea dei dieci minuti, poi, l'ho trovata geniale. Coraggiosa, più per la protagonista che per la scrittrice. Originale, più per la scrittrice che per la protagonista.
Ho intenzione di dedicarmi a Quattro etti d'amore, grazie, ma ho paura. Di un autore non ci può sempre piacere tutto, no? Io adoro Calvino, eppure ci sono dei libri che non ho voglia di rileggere. Ecco, io adoro Chiara Gamberale. E se poi succedesse come per Calvino? Se non avessi voglia di rileggere uno dei suoi libri? Mi darò un po' di tempo, anche se so che dovrò cedere. Non posso resistere alla tentazione.

Ah. Se non avete letto ancora niente, secondo me è il momento di farlo, miei carissimi emmelettori-abituati-a-recensioni-che-non-recensiscono-niente. 

M.