venerdì 26 febbraio 2016

Musica e scrittura

Una delle prime cose che faccio quando mi siedo al pc è aprire Youtube e cercare qualche canzone da ascoltare. Prima, quando il metalcore era l'unica cosa che le mie orecchie sembravano gradire, sceglievo un gruppo e mettevo direttamente il disco. Crescendo, il metalcore, così come il punkrock, continuano a essere tra i miei generi preferiti, quelli che mi hanno fatto vivere le emozioni più belle, però... però... però... ascoltare due dischi, uno di seguito all'altro, non mi riesce più. A un certo punto le mie orecchie mi dicono: oh, eddai, metti anche qualcos'altro!  
Ciononostante in questo periodo mi sono fissata con gli A day to remember, gruppo americano che ha il pregio di fondere in un unico disco sonorità metalcore, pop-punk e rock. Beeelli. 


Negli ultimi anni Mtv è diventata una compagna di minuti, e alcuni casi ore, molto rilevante. La cosa è iniziata quando ho smesso di fumare, due anni fa. Dopo dodici anni ho finalmente deciso che era l'ora di farla finita. Non pensate che io sia stata capace di compiere chissà quale missione. Fumavo da un minimo di cinque a un massimo di sette cicche al giorno, quindi chiudere, nonostante tutto, non è stato così difficile. Per due settimane ho praticamente smesso anche di mangiare perché avevo paura che qualunque cosa mettessi in bocca avrebbe fatto emergere la voglia di nicotina. In quelle successive mi sono abbarbicata al barattolo di Nutella prendendo mezzo chilo e poi ho iniziato a stabilizzarmi. Non sono ingrassata, non ho dato di matto e non ci sono ricascata. Ho solo iniziato a drogarmi di Mtv. Era come se ascoltare musica, soprattutto quel tipo di musica - allegra, dolce, divertente - fosse un calmante. Non sono più riuscita a farne a meno. Quando pulisco, poi, è l'aiutante perfetta. Balletto come una scema spostandomi da una stanza all'altra e canticchio senza ritegno. 
Se scrivo, però, Mtv non sempre è adeguata. In primo luogo perché passa musica italiana e io, purtroppo, non ne sono una grande fan. Me ne vergogno un po' ma non posso farci niente. A parte l'hip-hop non riesco ad ascoltare quasi nulla. Quasi. E poi perché se sto scrivendo una scena tragica e in sottofondo mi parte Shawn Mendez è un casino.
Youtube mi permette di scegliere la canzone giusta al momento giusto, ma mi dà anche la possibilità di ascoltare pezzi nuovi di gruppi che mai e poi mai avrei sentito se non avessi permesso la ripetizione automatica. Questo, alle volte, porta a ritrovare gli One Direction come colonna sonora di un litigio, o di un racconto doloroso, ma si risolve bene: uno sbuffo, un clic e torno dove voglio. 
Perché proprio Youtube? Perché mi piacciono i video. 
 

Quando ho scritto Il mio supereroe ero consapevole che sarebbe stata una storia tutto sommato molto allegra. Angelica è un peperino che aveva bisogno di un ritmo vivace e incalzante, per cui la musica pop, specialmente se cantata da ragazze, era il top. Tra queste:

- Shake it off, Taylor Swift - ho costruito il personaggio di Cali grazie a questo pezzo
- Blank space, Taylor Swift 

- Ho fatto fatica anch'io a digerire il fatto che stessi ascoltando Taylor Swift. E soprattutto che... mi piacesse. 
Grazie alla ripetizione automatica sono arrivata alla canzone che #AngelicaeManuele ascoltano di ritorno da Firenze, in macchina, e ho avuto l'illuminazione. Era perfetta per loro. Non c'era musica, o parole, più adeguata di quella. Ti porto via con me di Lorenzo Jovanotti, il mio corregionale - e anche coprovinciale, ma non penso si possa dire -, era il pezzo giusto.

Da qualche giorno mi sono ributtata sul fantascienza - oh mamma mia!
Non canto vittoria perché potrebbe venirmi l'ansia da racconto nel giro di poche ore, però ci sono tornata. Il genere musicale richiesto da questa storia è molto, molto diverso. Ho bisogno di suoni più compressi e tetri, di voci leggere e tristi. Ecco quelle che ho scoperto e che ascolto più spesso:

- I found, Amber Run 
- I'll be good, Jaymes Young 
- Holes in the skye, M83 ft. Haim 
- Down, Jason Walker
- Enjoiy the silence, nella versione di Sue Hellen 
- Still here, Digital Daggers
- Don't deserve you, Plumb
- Clarity, Zedd feat. Foxes (acoustic version)
- Warrior, Beth Crowley
- So cold, Ben Cocks - la adoro, i personaggi sembravano rispondere a questo pezzo in modo incredibile
- In my veins, Andrew Belle 
- Impossibile, James Arthur  
- And the world was gone, Snow ghost 
- Your Betrayal, Bullet For my Valentine

Alcune di queste, lo ammetto, le ho ascoltate anche per le scene più pesantucce de La Storia. Secondo me sono tutte belle. Vi piacciono? 

Voi ascoltate qualcosa mentre scrivete/leggete? Che genere preferite?

M. 

martedì 23 febbraio 2016

Z nation e Orange is the new black

Avevo detto che forse non l'avrei guardata perché mi inquietava. Gli zombie, il trailer, i colori. A un certo punto mi ero convinta che non l'avrei davvero mai calcolata. E invece...

Mi sono decisa a dare una possibilità a Z nation, e devo dire che non ho fatto male, anche se devo ammettere che la cosa che più di tutte me l'ha fatta apprezzare è stato il netto contrasto con The walking dead. Senza nulla togliere alla seconda, che ha indubbiamente delle qualità incredibili, la prima ha giocato su piani diversi. Non parlo della fotografia né della resa degli zombie, anche perché The walking dead ha vinto numerosi premi, ma la storia è un po' più intrigante. Per la prima volta da quando guardo un programma tv sugli zombie, l'umanità non si limita a scappare da una parte all'altra del pianeta alla ricerca di un'oasi di pace. Le oasi di pace, in questa nuova nazione in cui corre l'anno tre dalla trasformazione, probabilmente non ci sono. Il virus non è solo una peculiarità dei morti ma anche dei vivi, tanto che ogni essere umano sul pianeta ne è affetto. Fino a che la vita non li abbandona, però, non si manifesta. 
I sopravvissuti, quindi, sanno già cosa fare. Non ci troviamo di fronte a persone impreparate che assistono, impotenti, alla distruzione di ciò che hanno sempre conosciuto ma li incontriamo quando sono già allenati e abituati a combattere. Uccidono zombie come se fosse un gioco e si mantengono in vita proteggendosi gli uni con gli altri, o almeno ci provano. Questo comporta un po' di humour nero che rende gli eventi leggermente meno pesanti. 
La cosa che più di tutte le fa guadagnare punti è che i protagonisti non si muovono da un posto all'altro per cercare un posto senza zombie. Il motivo per cui si mettono in marcia, quello che li costringe a fare un viaggio che attraversa un intero paese, è una missione che scopriamo all'inizio, nella prima puntata, e che ha senso. Almeno fino a un certo punto. E cioè: portare l'unico sopravvissuto a un attacco in un centro medico in California affinché sia possibile creare un antidoto.  
Non negherò che alcune puntate siano un po' pesanti, però la tensione rimane alta per la maggior parte della stagione. Come sempre più spesso accade, sarebbe meglio non affezionarsi a nessuno dei protagonisti perché va di moda far morire un po' tutti. 
Non rientra tra le mie serie ma è un valido passatempo per attendere il venerdì - The 100 negli Stati Uniti viene dato il giovedì e io lo vedo il giorno dopo - e Il trono di spade
Non so ancora se guarderò la seconda stagione.

Altra serie che sto guardando è Orange is the new balck. La trovo molto carina, per certi aspetti rilassante, anche se i temi che tratta non sono mai superficiali. Vedere la vita di queste detenute, delle criminali, e vederla davvero, dall'interno, fa rivalutare molti dei pensieri che si hanno a riguardo. La storia è ambientata in un braccio carcerario dove vengono mandate donne che non hanno commesso reati gravi, quindi seguire i loro tentativi di reinserimento fa pensare alle cose da un'angolazione diversa. Sono alla seconda stagione, che trovo un po' sottotono rispetto alla prima.
Sebbene all'inizio abbia pensato che la protagonista potesse essere una donna qualunque, mi sono dovuta ricredere. Piper è un tipo abbastanza difficile da mandare giù, una persona viziata non tanto dalla ricchezza quanto dagli affetti, quindi alle volte capire le sue scelte richiede molta empatia. Allo stesso tempo, però, l'attrice riesce a rendere le sfumature di carattere in modo incredibile, con delle espressioni facciali che fanno ridere o piangere insieme a lei. 
Le altre protagoniste, che seguiamo in modo meno accurato ma di cui, piano piano, vengono svelate le storie e non solo i caratteri, che invece sono evidenti dai comportamenti sociali, sono dolci, cattive, impaurite, agguerrite, preoccupate, pazze. Ma sono anche madri, mogli. Amiche. Amanti. 
Posso capire perché abbia avuto tanto successo.
Vi lascio il trailer. 


Avete visto una delle due? Pensate di vederle? Che serie state guardando?

M.

venerdì 19 febbraio 2016

Perc...

Il tempo è finalmente cambiato e il mio umore pure, anche se i dubbi mi si appiccicano addosso come fa la marmellata al barattolo. O la crema di nocciole alla confezione. A questo proposito, ho una comunicazione da fare: la Novi è spettacolare.

Veniamo a noi. 
Una delle grandi domande di un aspirante scrittore è: il mio libro piacerà?
Se non dovesse esserlo, beh, è un problema. Perché la storia "io scrivo per me stesso/a"  non è così tanto vera. O forse non lo è per me. Io scrivo, oltre che per tutte le cose che elenco ogni volta - sto diventando noiosa - perché voglio raccontare storie e dentro il raccontare storie è racchiusa la voglia di condividerle e di arrivare con le parole scritte dove arrivo mentre le ricamo sulla carta. 
Ha senso, no? 
Un'altra delle grandi domande di un aspirante scrittore è: come funzionano le case editrici?
Dal mio punto di vista entrambe le questioni riguardano anche lo scrittore vero e proprio. Sulla seconda non ci giurerei ma sulla prima... ci potete contare.
Quando firmai il contratto con Delos Digital una mia amica disse: "a quel punto potremo dire che sarai una scrittrice a tutti gli effetti!" Io mi sentii pervadere da quella gioia saltellante e sfarfallante che mi contraddistingue e che mi rende la M. felice e/o esuberante e non dissi né sì né no.


La pubblicazione c'è stata e io continuo a definirmi un'autrice. Preferirei scribacchina ma tra le voci di Fb non c'è e per noi trentenni Fb è una specie di punto di riferimento.
Uhm.
Ma comunque mi si voglia chiamare - scrittautricina sarebbe un'idea - le due domande me le faccio di continuo, e mentre credo che la prima sia giusta e doverosa, per la seconda mi chiedo se riuscirò mai a venirne a capo. I miei dubbi sono più o meno questi:
- le case editrici leggeranno tutti i libri che ricevono? Sarei delusa ma capirei se la risposta fosse no
- arrivano fino in fondo solo alle storie che gli piacciono o a tutte le storie?
- i libri degli sconosciuti li leggono per ultimi?
- perc...
Mi sono g stufata. Forse dovrei guardarla da un altro punto di vista: cosa dovrei fare io?
Se qualcuno risponde "mandarlo a una casa editrice" lo invito a pulirmi il bagno per almeno un mese. Anche le fughe delle mattonelle. Tendo a tralasciarle perché mi annoio e sto scomoda
Più vado avanti più mi vengono dubbi. Più leggo come gli autori raggiungono il successo, più mi interrogo sulle scelte da fare. Da metà dicembre in poi mi sono scervellata così tanto che la mattina apro gli occhi prima che suoni la sveglia perché sto già pensando.  
Sapete cosa? Potrebbe anche essere che un giorno mando tutto a quel paese e inizio a fare a caso. Un po' come viene. 
È che nel cosa dovrei fare si nascondono altre domande, tra cui: quanto dovrei aspettare? Ma anche: slittare la pubblicazione? Sul diritto di prelazione che idea ho? Certo, è chiaro che se le richieste venissero dalle Stellate firmerei pressoché qualunque cosa e zitta ma... le Stellate? Potrebbe essere più facile scalare l'Everest con un costume da bagno, ovviamente un bikini. E gli occhiali da sole. E il salvagente a forma di papera.
Chi si unisce? 
Uff. Il self, a confronto, è così facile. 
...
...
Ok, l'ho detta grossa. Grossa grossa. Tipo un pianeta.

Vi emmo!   
M.   

Postilla 1 - il mio adorato laptop è "dal dottore" dunque sto usando il pc di D. che ha una tastiera infinita. Clicco su "ù" ogni volta che voglio premere invio.  
Ma non ve l'ho detto per questo. Volevo solo che sapeste che potrei essere meno celere nel rispondere.

Postilla 2 - ho finalmente ceduto al fascino di Google+ ma non so ancora usarlo quindi potrei fare +1 a caso tanto per vedere cosa succede. Non vi preoccupate, passerà.   

martedì 16 febbraio 2016

Sul libro: "Raccontami di un giorno perfetto"

Questo mese sono attivissima. Sarà che la situazione lavorativa è bella tranquilla - la calma prima della tempesta - sarà che con tutte queste storie che mi gironzolano in testa devo trovare il sistema di scaricare la tensione in qualche modo, sarà che mi eravate mancati veramente tanto, fatto sta che mi sono trasformata in M.-la-blogger-chiacchierina. 

Siccome me triste - non leggetevi il post di ieri - il tema di oggi sarà sulla stessa linea. Ma un po' più serio delle bizzarrie che sto sbrodolando nell'intro. 

Le storie tristi non mi piacciono. Il dramma, in quanto tale, non mi conquista. Se vi chiedete perché... beh, non lo so, esattamente. L'unica risposta che so darmi è che la vita è talmente tanto piena di drammi che l'ultima cosa che ho voglia di fare è leggere una storia drammatica. Questo è uno dei motivi per cui io e Nicholas Sparks o Margaret Mazzantini non ci troviamo molto bene seduti sul divano, mentre io sfoglio le pagine che raccontano e loro cercano di farmi arrivare tutto ciò che c'è dentro. 
Che peccato. 
Quello che dico, però, non è del tutto vero perché mi è capitato di leggere storie drammatiche e alcune di queste le ho amate profondamente. Due splendidi soli, ad esempio.
Negli ultimi anni, più per sbaglio che per scelta, mi sono imbattuta in tre storie di questo tipo. Tutta colpa delle stelle, Io prima di te e Raccontami un giorno perfetto. Il primo l'ho letto per curiosità, il secondo perché consigliato, il terzo per caso. Non ho riflettuto su ciò che stavo comprando. Ho cliccato su "acquista" e ho iniziato a leggerlo.

Trama:
È una gelida mattina di gennaio quella in cui Theodore Finch decide di salire sulla torre campanaria della scuola per capire come ci si sente a guardare di sotto. L'ultima cosa che si aspetta però è di trovare qualcun altro lassù, in bilico sul cornicione a sei piani d'altezza. Men che meno Violet Markey, una delle ragazze più popolari del liceo. Eppure Finch e Violet si somigliano più di quanto possano immaginare. Sono due anime fragili: lui lotta da anni con la depressione, lei ha visto morire la sorella in un terribile incidente d'auto. È in quel preciso istante che i due ragazzi provano per la prima volta la vertigine che li legherà nei mesi successivi. I giorni, le settimane in cui un progetto scolastico li porterà alla scoperta dei luoghi più bizzarri e sconosciuti del loro Paese e l'amicizia si trasformerà in un amore travolgente, una drammatica corsa contro il tempo. E alla fine di questa corsa, a rimanere indelebile nella memoria sarà l'incanto di una storia d'amore tra due ragazzi che stanno per diventare adulti. Quel genere d'incanto che solo le giornate perfette sono capaci di regalare.

Avevo appena finito di scrivere La storia e mi sono buttata, senza riflettere troppo. Quello che ho trovato è stato incredibile. Uno di quei libri che lasciano senza fiato, e senza parole, per la grandezza di ciò che raccontano. 
Parto con il dirvi questo: con i/gli Young Adult - la grammatica mi costringe al secondo articolo, l'uso al primo: aiuto, aiuto - non ho ancora capito che rapporto ho. Quando i personaggi sono ben costruiti e la storia non è superficiale, mi piacciono. Quando tutto sfugge, quando i dialoghi sono un po' ai limiti con la realtà, quando i sentimenti sono superficiali, no. Suppongo sia normale, visto che l'età - la mia - non è quella giusta.
Raccontami di un giorno felice è la storia di due ragazzini ma non è la storia di due ragazzini. È la storia di due persone che, in un modo o nell'altro, la vita ha fregato. Finch è un personaggio che ho amato dall'inizio alla fine e che mi ha intontita e conquistata al punto da non riuscire a fare altro che leggere. E piangere.
Violet è altrettanto potente e seguire i suoi spostamenti, i suoi cambiamenti, il suo dolore è stato incredibile.
La storia, come spesso succede negli ultimi tempi, è raccontata da entrambi i punti di vista, quelli del ragazzo con seri problemi di depressione - andando avanti si scopre qual è esattamente il disturbo che gli impedisce di vivere normalmente, anche se è abbastanza chiaro sin dalle prime pagine - e della ragazza che dopo la morte della sorella non riesce a tornare alla normalità. Theodore, con le sue giornate a mille e i suoi cali improvvisi, con l'eccitazione del percorso che intraprende insieme a Violet e quello in cui si incammina da solo, è disegnato in modo impeccabile. Penso sia difficile raccontare un personaggio come il suo senza eccedere da nessun lato. 
Ho letto alcune opinioni negative sul libro, in particolare sulla questione dei problemi mentali che affrontano i due ragazzi ma non sono assolutamente d'accordo. Credo che narrare una storia d'amore di questo tipo sia più che notevole. Che poi, storia d'amore lo è fino a un certo punto. Non ci sono carezze, non ci sono intimità estreme perché il sentimento che provano i due è quasi ai margini. Ciò che viene fuori è la loro prospettiva, la loro capacità o incapacità di stare al mondo.
Non è un libro facile. Non nascondo che alla fine, quando ho letto le ultime righe, sono rimasta con una mano appoggiata sul Kindle, l'altra sugli occhi, il cuore che batteva forte e la mente che cercava risposte. Ne volevo ancora. Ne volevo di più. E poi volevo tornare indietro e rivedere tutto perché forse mi era sfuggito qualcosa. 
Non so se questo effetto dirompente sia avvenuto a causa de La Storia o se sia dipeso solo dal libro letto. Sta di fatto che è un racconto meraviglioso che tocca corde difficili e che si merita tutta quella montagna di pareri positivi che lo ha fatto arrivare dove è arrivato. 

A voi piacciono i drammatici? C'è un autore che adorate o che, al contrario, non riuscite a leggere? 

M.

lunedì 15 febbraio 2016

Ma questo pare

Piove e sento le gocce che rimbalzano sull'asfalto. Me le immagino rotonde e dense, dalla forma appena allungata che scendono a terra e dopo un plic rotolano e si confondono con le altre.
No, non è l'inizio di un racconto ma il resoconto di una giornata un po' triste. Una di quelle giornate in cui anche i biscotti al cioccolato sembrano nemici perché non ti danno nessuna soddisfazione. 

Il mio supereroe è in stallo da qualche settimana e il motivo per il quale sarebbe in stallo è la mia timidezza.
Assurdo, no?
Ma questo pare.
Pare che se non ti spendi a destra e a manca a parlare di te e dei tuoi libri sei costretto a rimanere in stallo. Pare che se non ti fai amici tutti gli autori che ci sono in giro rimani in stallo. Pare che se non gridi al mondo, e nelle bacheche di tutti i social esistenti, che sei un autore rimani in stallo.
- ho lasciato i congiuntivi alle giornate di sole -
Così, vieni punito perché te ne stai volentieri per i fatti tuoi. Che poi, diciamocelo, per il carattere che ho sto facendo dei passi da gigante. Ho un blog. Un blog.
Avere un blog significa parlare continuamente, e parlare di sé. Non è una cosa da poco.
Ho aperto una pagina Fb a nome mio in cui racconto tante piccole cose.
Parlo con altre persone, comunico, commento. Non mi sento digitalmente apatica, né così timida. Solo un po' riservata.
Eppure... è in stallo. 

Quando mi prende così vorrei smettere di scrivere. Vorrei fare qualcosa che mi tenga impegnata al punto da non poter nemmeno pensare a scrivere. Perché se non ci penso non ne sento la mancanza. E adesso non voglio sentire la mancanza di una cosa che non va come vorrei che andasse. O che pretende da me più di ciò che gli do. 
Perché gli do così tanto. 

M.  

Postilla: la voglia di scrivere mi è già tornata. 

venerdì 12 febbraio 2016

Sul libro: "Il dominio del fuoco"

Pare che in questo periodo io riesca solo a parlare di libri, telefilm e film. Meglio così, perché se parlo di scrittura potrei far emergere qualche strana modalità comportamentale. Alterno momenti di estrema gioia, quelli in cui rileggo La Storia o mi faccio già tormentare da quella nuova, che chiameremo proprio Quella nuova, a momenti in cui mi sfinisco con domande su ciò che devo fare di Librino Nuovo, che, come avrete notato, non è nessuno dei due.
Che p<lle. Lo posso dire che p<lle? Ormai l'ho fatto.
Per farla breve, parlare dei libri degli altri mi pare l'unico modo per chiacchierare a vanvera senza eccedere con folli riflessioni. Il dominio del fuoco, poi, merita tutta l'attenzione che io e il mondo di lettori fantasy possiamo dargli perché questo, emmosi cari, è un signor libro. 
Trama:
C'è stato un tempo in cui la sua terra era ricca di arte e di cultura. Laia non può ricordarsene, eppure ha sentito spesso i racconti su come fosse la vita prima che l'Impero trasformasse il mondo in un luogo grigio e dominato dalla tirannia, dove la scrittura è proibita e in cui una parola di troppo può significare la morte. Laia lo sa fin troppo bene, perché i suoi genitori sono caduti vittima di quel regime oppressivo. Da allora, lei ha imparato a tenere segreto l’amore per i libri, a non protestare, a non lamentarsi. Ma la sua esistenza cambia quando suo fratello Darin viene arrestato con l’accusa di tradimento. Per lui, Laia è disposta a tutto, anche a chiedere aiuto ai ribelli, che le propongono un accordo molto pericoloso: libereranno Darin, se lei diventerà una spia infiltrata nell'Accademia, la scuola in cui vengono formati i guerrieri dell'Impero…
Da quattordici anni, Elias non conosce una realtà diversa da quella dell'Accademia. Quattordici anni di addestramento durissimo, durante i quali si è distinto per forza, coraggio e abilità. Elias è la promessa su cui l'Impero ripone le proprie speranze. Tuttavia, più aumenta la fiducia degli ufficiali nei suoi confronti, più lui vacilla, divorato dai dubbi. Vuole davvero diventare l'ingranaggio di un meccanismo spietato e senza scrupoli? Il giorno in cui conoscerà Laila, Elias troverà la risposta. E il suo destino sarà segnato. 
Lo volevo, lo volevo tantissimo. Da mesi lo avevo messo in lista e non ce la facevo più ad aspettare, così appena l'ho avuto tra le mani mi ci sono buttata a capofitto. Sono partita lentamente, sicura che avrei trovato un fantasy abbastanza classico, anche nelle modalità di racconto. Ero un po' spaventata, lo ammetto, dal fatto che i protagonisti fossero  giovani perché nell'anno appena trascorso sono stata un po' sfortunata con i libri di questo genere a causa di elementi young adult che non mi avevano sedotta.
Non lui.
Il dominio del fuoco mi ha stregata. A partire dall'ambientazione, completamente diversa da quelle a cui ero abituata, fino ad arrivare alla scrittura: spettacolare. Le descrizioni sono così belle e dense, così complete da far dimenticare che si sta leggendo un romanzo. 
La storia è raccontata da due punti di vista, quello di un marziale, legato all'impero, e quello di una dotta che dovrà scegliere di percorrere la strada della schiavitù pur di cambiare la sorte dell'unica persona a cui tenga: il fratello. Il racconto è dunque portato avanti dai due in prima persona, i quali ci conducono in luoghi a volte completamente diversi, a volte simili se non addirittura uguali, soprattutto quando le loro strade si incrociano. Non succede così spesso ma sono sicuramente quelli i momenti che ho preferito. Quando Elias, la Maschera addestrata a uccidere e tiranneggiare, mette in dubbio il sistema in cui è cresciuto pur continuando a lottare, faticare e rischiare la vita, incrocia Laia, la ragazza che sceglie di farsi dominare dal potere per salvare la vita del fratello, i due opposti mondi sembrano diventare uno. Il rispetto che i due provano verso l'altro anche se non si conoscono, anche se hanno paura l'uno dell'altro, anche se non sanno cosa si nasconde nel loro passato e non hanno idea di quali scelte stiano covando per il futuro, si percepisce a ogni parola.
Sono abituata a fantasy con elfi, nani e magia bianca. Non certo a un'accademia in cui vengono allevati bambini perché diventino macchine di morte, a mostri che non si vedono ma che si insinuano nella vita, a un sistema imperiale che ricorda quello dell'antica Roma - a partire dai nomi dei soldati - e alla sensazione che tutto sia grigio. Ho sempre pensato che il colore perfetto per il fantasy fosse il verde: la natura incontaminata, le distese di terra da percorrere, la magia che emergeva dal semplice tocco delle mani. In alcuni casi il rosso, raramente l'azzurro.
Il dominio del fuoco non è nessuno dei tre. Il dominio del fuoco è grigio. Grigio come l'Accademia di Rupanera, come le gallerie sotterranee, come l'attesa, come gli esseri leggendari che si credevano scomparsi. 
Molto, molto bello. Merita mille stelline.
Voglio il secondo. Subito. 
Subito.

Aggiungo due cose. La prima è che Elias è il personaggio maschile migliore che abbia letto nell'ultimo anno. Dovrà pur valere qualcosa, no?
La seconda è che... nonostante sia un genere totalmente diverso, mi ha fatto tornar voglia di lavorare al fantascienza. 
Ah, il potere dei libri!   

Voi che state leggendo?  

M. 

martedì 9 febbraio 2016

Che fine farà il mio libro?

Scrivere un libro non è facile. Come già detto più e più volte, avere un'idea non basta. Ci vuole l'idea, ci vuole la passione, ci vuole il momento giusto, ci vuole la pratica, ci vuole il desiderio. Ci vogliono un sacco di cose, prima tra tutte la capacità di mettersi davanti a un foglio, o a un laptop, e scrivere. 


Tra le tante difficoltà in cui si può incorrere quando si scrive un libro, c'è il blocco dello scrittore. Questo Signor Blocco ha un modo di relazionarsi al Povero Scrittore molto interessante e sicuramente molto diverso. Si può presentare quando ti siedi e appoggi le mani sulla tastiera, o impugni la penna, mentre fissi inerme, turbato e un po' annoiato, la pagina che non vuole colorarsi di nessuna nuance. In questo caso, Signor Blocco ti accompagna per qualche minuto, un'ora, qualche giorno, durante la stesura di un testo che hai deciso di produrre ma che ancora non è nato, o che sta nascendo e che non riesci a far crescere, o che è cresciuto e non riesci a terminare. Può diventare, se lo desidera, un fastidioso compagno di viaggi che ha deciso di impossessarsi della tua guida e anche della tua curiosità. O forse solo della tua capacità di scoprire il mondo. Essendo abbastanza subdolo, può anche scegliere di presentarsi sul lungo periodo, togliendoti del tutto la voglia di produrre. Quando fa questo, la situazione diventa complicata perché ti risucchia così tanto da farti dimenticare che per te scrivere è fondamentale. Diventa come un amico/suocera/non invitato che ti si piazza in casa e che ti fa dimenticare che vivevi da solo, che avevi i tuoi spazi e che lui con te non c'entra niente. 
Signor Blocco si è impossessato di M. la Scribacchina per diverso tempo. 
Diverso tempo è un eufemismo. Signor Blocco si è accomodato nella mia dimora per anni. Quando finii il primo libro intero che valesse la pena di essere chiamato tale, avevo venticinque anni. Lo iniziai a 17. Non c'è bisogno di essere bravi in matematica per capire che qualcosa non andava. Se ve lo state chiedendo, non me la sono presa comoda. Non ero io che ero lenta ma lui che si piazzava in casa mia quasi ogni giorno e mi faceva dimenticare una cosa fondamentale: la scrittura. Sapevo di farlo, sapevo di volerlo fare ma c'erano cose più importanti o più immediate che passavano avanti a tutto. 
Quando, finalmente, riuscii a finirlo mi buttai subito sul secondo. E dopo non molto tempo - parliamo di circa 100 pagine, che per un fantasy non sono così tante - Signor Blocco è tornato e tra tè e pasticcini mi ha di nuovo fatto mettere da parte tutto.
Da tre anni a questa parte Signor Blocco fa delle veloci capatine nelle quali non riceve molta attenzione. Il nuovo nemico, se così lo possiamo chiamare, porta il nome di Che fine farà il mio libro? e risulta altrettanto fastidioso. A dirla tutta, è un tantino più assillante e pretende spazi che non gli si possono negare, è scomodo quanto il primo ma molto più presente e urticante. Sembra affascinante, con quel suo modo di fare, ammicca di continuo e miete ammiratori senza il minimo sforzo ma è solo una presenza seccante che non permette allo Scribacchino di riflettere e di fare le scelte giuste. 
In particolare, non permette a M. La Scribacchina di decidere come muoversi a proposito del prossimo libro. 
Ve lo prendete voi? Mi ha già stufata.
Grazie emmosi. 

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M. nell'atto di mandare a quel paese Che fine farà il mio libro?